Lesioni colpose commesse per violazione delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro.
ARTT. 40, 113, 590, c. 1 e 3; ART. 71 e 72 D. Legs. N. 81/2008.
Lavoratore – Attrezzatura non idonea – Fatto del lavoratore – Mancanza di prova circa il mancato rispetto disposizioni sulla sicurezza. Esclusione della responsabilità penale del datore di lavoro.
TRIBUNALE DI LECCE
PRIMA SEZIONE PENALE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott. SERGIO MARIO TOSI alla pubblica udienza del 19/12/2018 ha pronunziato la seguente sentenza mediante lettura del dispositivo
1) AA , nato a il elettivamente domiciliato per la carica per procura di direttore di S presso la SP , libero assente, difeso di fiducia dall’avv. Donato Mellone presente e dall’avv. Bruno Larosa presente
2) BB , nato il ed ivi residente in , elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia avv. Tiziana Tundo, libero assente, difeso di fiducia dagli avvocati Carlo Gervasi e Tiziana Tundo entrambi presenti
IMPUTATO: come da foglio allegato
CONCLUSIONI DELLE PARTI
IL P.M. dr. Argentino chiede l’assoluzione ex art.530 cpp
l DIFENSOR DEGLI IMPUTATI si associano al P.M.
IMPUTATI
per il delitto di cui agli artt. 40 113 e 590 commi I e III c.p., poiché, in concorso tra loro, AA in qualità di direttore e rappresentante legale per procura della s.p.a., BB in qualità di amministratore unico della s.r.l., esecutrice dei lavori di puliziadell’impianto, cagionavano, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e, segnatamente, degli artt.( 71 e 72 del d.lgs. n. 81 del 2008, a S M , operaio addetto alla pulitura delle tramogge alle dipendenze della SRL , lesioni consistite in un trauma contusivo bulbare, sublussazione del cristallino e edema ischemico retinico, giudicate guaribili in 57 giorni; violazioni concretatisi, in particolare, nell’aver messo a disposizione del lavoratore attrezzatura non idonea (una lancia metallica agganciata ad un tubo di gomma tramite fascetta non in grado di garantire la tenuta se sottoposta ad elevate pressioni di esercizio); accadeva, infatti, che, azionata l’attrezzatura, il tubo si staccava dalla lancia, la quale, dopo avere roteato, colpiva l’occhio sinistro dello S , facendogli saltare gli occhiali di protezione.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO
1. Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso in data 30.11 .2015 dal pubblico ministero presso il Tribunale di Lecce, AA ed BB venivano imputati del reato di lesioni personali colpose di cui agli artt.40, 113 e 590, co. 1 e 3, Cp, in relazione all’infortunio sul lavoro occorso in data 9.12.2013 a M S , presso l’impianto della Spa, nei termini di cui in epigrafe.
All’udienza del 19.12.2018, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, le parti rassegnavano le conclusioni di cui al verbale ed il Tribunale pubblicava la sentenza mediante lettura del dispositivo.
2. In punto di fatto la descrizione dell’evento nella sua dinamica non ha costituto oggetto di contestazione è può essere così sintetizzato: In data 9.12.2013 M S , dipendente della Srl, incaricata delle operazioni di pulizia delle tramogge SpA in accordo al contratto di appalto tra la committente SpA e l’appaltatrice Srl, nel corso della propria mansione veniva colpito al viso dal tubo di gomma per l’adduzione dell’aria compressa alla lancia di pulizia, durante la lavorazione, riportando il trauma dettagliatamente descritto nella documentazione sanitaria dell’infortunio. Nello specifico, la fascetta metallica utilizzata per il serraggio del collegamento tra tubo e lancia si stilava dalla propria sede, lasciando libero il tubo in gomma che colpiva al viso il suddetto S
2. Osserva il Tribunale come al riguardo l’ipotesi accusatoria è incentrata “nell’aver messo a disposizione del lavoratore attrezzatura non idonea (una lancia metallica agganciata ad un tubo di gomma tramite fascetta non in grado di garantire la tenuta se sottoposta ad elevate pressioni di esercizio)”, la quale tuttavia è rimasta priva di dimostrazione, il che comporta senz’altro un giudizio assolutorio nei confronti degli imputati.
È, invero, dirimente sul punto, il contenuto consulenza tecnica redatta nell’interesse di AA dal dr. ing. , nei cui confronti non sussistono situazioni che inducano a dubitare dell’attendibilità, circa l’analisi tecnica del collegamento in parola, le cui argomentazioni non sono state in alcun modo confutate dalla pubblica accusa.
Egli ha anzitutto rilevato come “Le fascette metalliche utilizzate per i collegamenti di tubi flessibili in gomma con tubi metallici (a cui può essere paragonata la lancia) devono essere realizzate secondo le prescrizioni della norma tecnica tedesca di di prodotto con comprovata validità DIN 3017-1 del Maggio 1998 “Schlauchschellen – Teil 1: Schellen mit Schneckentrieb Form A “. La norma in oggetto classifìca le fascette metalliche in funzione delle dimensioni e del materiale di costruzione, come evidenziato nell’estratto della classifìcazione”– di cui alla Figura 2, di pag.3.
Quindi, a pag.4, ha chiarito come “Nello specifico, la fascetta in oggetto (rappresentata in Figura 3, la cui documentazione di dettaglio è riportata in Allegato III) è classificata come 25÷40- W1, dove: la sigla 25×40 identifica le misure geometriche della fascetta, ovvero impiego per tubi di diametro tra 25 e 40 mm, larghezza della fascetta 9mm, spessore 0.8mm, oltre che l’attrezzo da utilizzarsi per il serraggio del bullone di fissaggio; W1 rappresenta le caratteristiche del materiale con la quale la fascetta è stata realizzata, ovvero acciaio zincato (come indicato nel documento del fornitore riportato in estratto in Figura 5), capace di realizzare una forza di tiro almeno pari a 750 N (come indicato nella tabella 4 della norma DIN di riferimento, riportata in Figura 6) ed avente una tensione di snervamento minima pari a 400MPa (come indicato nella Tabella 6 della norma DIN, riportata in Figura 7).”.
Per poi sottolineare a pag.6 che “Stanti le caratteristiche geometriche e di resistenza del materiale della fascetta utilizzata, come evidenziato dalla freccia nella seguente Figura 8, la fascetta stringitubo in oggetto è in grado di reggere una pressione massima di esercizio pari a 31 bar, notevolmente superiore a quella di fornitura dell’aria di rete (pari a 10bar)”, mentre a pag. 8 ha aggiunto che “A conferma della pressione di cui sopra, per determinare lo spessore minimo in componenti tubolari sottoposti ad una pressione interna è possibile applicare l’algoritmo proposto dalla norma americana ASME B31- 3 paragrafo 304.1.2: t= P*D / 2* (S*E + P*Y) dove con t si indica lo spessore minimo (in mm) necessario ad una fascetta di diametro D (pari al diametro massimo della fascetta stessa, nel caso in oggetto 40mm) realizzata in materiale con tensione massima ammissibile S pari a 400MPa, per reggere la pressione interna P (nel caso in esame pari a 10MPa), ed adottando cautelativamente i fattori di sicurezza E (fattore di qualità ricavato dalla tabella A-1° della norma AMSE B31, pari a 0.8) e Y (fattore di temperatura ricavato dalla tabella 304.1.1 della norma, pari a 0.4). Secondo le indicazioni di cui alla suddetta norma ASME, lo spessore minimo della fascetta in oggetto risulterebbe 0.07mm, circa 10 volte inferiore a quello reale del manufatto (pari a 0.8mm), confermando l’adeguatezza della fascetta a reggere i 10 bar dell’aria di rete.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, appare chiaro come una fascetta con le caratteristiche di quella in oggetto risulti adeguata all’utilizzo con aria in pressione a 10 bar, conformemente alle prescrizioni di cui alla norma tecnica di prodotto di riferimento (DIN 3017-1).
Infine, il consulente ha svolto a pag.8 le ulteriori considerazioni tecniche in merito alle tubazioni in pressione: “Il 19 aprile 2000, in Italia è entrato in vigore il Decreto Legislativo n° 93 del 25/02/2000 di attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione (la cosiddetta Direttiva PED), che definisce le disposizioni da applicarsi alla progettazione, alla fabbricazione e alla valutazione di conformità delle attrezzature a pressione e degli insiemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile PS superiore a 0,5 bar. Il suddetto decreto si applica anche alle tubazioni (che l’art. 1, comma 2, lettera c definisce come “componenti di una conduttura destinati al trasporto dei fluidi allorché essi sono collegati al fine di essere inseriti in un sistema a pressione. Le tubazioni comprendono in particolare un tubo o un insieme di tubi, condotte, accessori, giunti di dilatazione, tubi flessibili o altri eventuali componenti sottoposti a pressione.”). Seppure il decreto prescriva i requisiti essenziali di sicurezza soltanto per le giunzioni fisse tra le tubazioni, e non fornisca indicazioni tecniche in merito a quelle smontabili, esso individua la necessità di ricorrere all’intervento di un Organismo Notificato per dimostrare la conformità della giunzione, qualora essa ricada nelle categorie di rischio II, III o IV. Nella fattispecie, considerando il massimo diametro della fascetta (DN=40) e la pressione massima PS=10 bar, la categoria di rischio della tubazione in oggetto è “art.3 comma 3 “, che prevede la realizzazione del manufatto secondo la regola dell’arte, ovvero in accordo alle indicazioni delle norme tecniche di settore.
Pertanto, anche in considerazione delle prescrizioni di cui alla direttiva PED l’utilizzo della fascetta elastica risulta adeguato.”
3. In definitiva, reputa il Tribunale non possa escludersi che l’installazione della suddetta fascetta stringitubo non sia stata eseguita correttamente dal lavoratore M S , serrando la vite di strizione in modo tale da garantire la continuità e la tenuta della giunzione. Infatti – come pure illustrato a pag. 8 della relazione dall’ing. “in caso di serraggio non sufficiente, la fascetta perde le capacità di giunto tra i due componenti, che, a seguito di eventuali “colpi d’ariete” dovuti all’improvvisa variazione di portata che si genera all’apertura del rubinetto, possono tra loro muoversi anche in maniera incontrollata, sfilandosi l’uno dall’altro.”.
Petanto s’impone l’assoluzione dei prevenuti con la formula perché il fatto non sussiste, quantomeno ai sensi dell’att.530 cpv Cpp.
P.Q.M.
Il Tribunale,
visto l’art.530 Cpp, assolve AA ed BB dal reato loro contestato perché il fatto non sussiste.
Lecce, 19.12.2018.
Il giudice
dr. Sergio Mario Tosi